Corriere Bosi

Gomme trattate. Al torneo regionale quarta categoria di Asola del 3/1/15, per la prima volta, dopo anni di passiva rassegnazione, a un giocatore con gomma trattata (uno dei due del doppio Peri-Beffa), è stato impedito di disputare l’incontro. Per ottenere questo risultato, nella fase preliminare di controllo delle racchette ho mostrato all’arbitro Zambetti una gomma nuova (979), uguale a quella trattata del giocatore che stava per utilizzarla. Le differenze tra le due gomme erano sufficientemente evidenti da permettere all’arbitro di esprimere il suo giudizio insindacabile. Si è quindi dimostrato che è possibile arginare il vergognoso fenomeno che da anni sta inquinando il tennis tavolo.
Nel singolo ho ripetuto la procedura, richiedendo il controllo della gomma di Massimo Bernacchi. Avevo appena visto l’incontro in cui Bernacchi, che da qualche mese usa la 979 trattata, aveva superato Donato Leporale, un combattente di razza che aveva lasciato il campo con la spenta rassegnazione di chi ormai ha perso da molto tempo la speranza di lottare contro l’illegalità. I segni del trattamento della gomma erano evidenti: rotazioni anomale, inversione enormemente accentuata ecc. Stavolta però l’arbitro Zambetti non ha ritenuto che la gomma fosse irregolare, in quanto il colore non era arancione come quella controllata al mattino, ma solo “rosato” e quindi la differenza era meno accentuata. Gli esperti della materia sanno bene che il colore della gomma (sottile e “trasparente”) dipende molto dal fusto su cui è montata, oltre che dalle capacità tecniche del “trattatore”, mentre il dato più evidente è la “scivolosità” del puntino, verificabile passando una pallina sulla superficie (le puntinate non trattate producono un attrito che non si perde neanche nel tempo). Però in mancanza di uno strumento che misuri oggettivamente la “scivolosità”, gli arbitri difficilmente si assumono la responsabilità di giudicare, per cui sarebbe necessaria una formazione tecnica da parte della Federazione, per altro piuttosto semplice e rapida da svolgere.

PERCHE’ LA 979?

Il trattamento delle puntinate fa aumentare lo spessore della gomma, rendendola quindi a volte riconoscibile con uno strumento di misurazione, per cui gli esperti del trattamento (Daniele Saturno docet) utilizzano una puntinata che nasce con uno spessore inferiore: la 979 è così diventata, suo malgrado, l’emblema dei “trattatori”, grazie anche alla sua economicità. Durante i campionati italiani veterani 2014, sono state riscontrate 45 irregolarità nel controllo delle racchette: 25 per lo spessore delle gomme (la maggior parte lisce boosterizzate), 15 per le componenti VOC e 5 per la planarità: tenendo conto che i Campionati italiani sono praticamente l’unico momento in cui si fanno controlli sui materiali, è evidente che c’è una generale tendenza a pensare di poterla fare franca quasi sempre. Si capisce quindi perché questo deficiente, si può permettere di vantarsi, con nome e cognome, delle sue capacità di boosterizzare le gomme. Oltre tutto, la possibilità di sostituire la racchetta nel caso in cui si venga beccati, rende la frode praticamente impunita, invogliando sempre più giocatori a provarci. Se fosse invece prevista la squalifica diretta del giocatore (e magari anche qualche ammenda) il fenomeno sarebbe sicuramente limitato.

IL CONCETTO DI ONORE NELLO SPORT

Riflettendo a freddo sugli episodi accaduti mi sono chiesto: perché un giocatore come Massimo Bernacchi, gentile ed educato, che conosco da almeno 30 anni come persona corretta, decide consapevolmente di barare, utilizzando una gomma trattata, dopo anni di onorata carriera in cui ha sempre utilizzato gomme regolari? L’età avanza, il fisico regge sempre meno, per cui per mantenere le prestazioni qualche aiutino è necessario (fisioterapia, dieta adeguata, medicine per la prostata ecc), ma se si decide di affidarsi al “doping tecnico” (un evidente sostituto del Viagra), evidentemente manca la percezione dell’illegalità, ma ci deve essere anche qualche altra molla. Tra l’altro il vantaggio indotto dall’uso della trattata non supera il 10-20% e lui come altri del suo livello, sarebbe comunque un ottimo quarta categoria (io per esempio, ci ho sempre perso, anche quando usava il puntino non trattato). Credo che la motivazione più profonda sia la stessa che spinge gli atleti a utilizzare il doping per migliorare le proprie prestazioni: amano più se stessi dello sport che praticano. Non gli interessano le regole, i principi etici e l’onore dello sport, infangato dalla frode, gli interessa solo il risultato personale: la vittoria.

L’ETERNA LOTTA TRA GUARDIE E LADRI

Quando i principi etici sono fragili, la tentazione di infrangere le regole è molto forte, specie quando l’illecito è percepito come insignificante: c’è sempre “ben altro” di più importante da combattere, per cui si tende a sminuire i propri comportamenti illeciti, dimenticando che la legalità e la sportività cominciano proprio dalle piccole cose. In tutti gli sport la caccia al ladro che si dopa è efficace quando alle guardie vengono forniti i mezzi per trovarli (analisi sempre più sofisticate per rintracciare sostanze chimiche sempre più nascoste), ma soprattutto quando gli sportivi percepiscono che l’uso delle sostanze illecite è indegno, per cui si perde la passione per lo sport: il calo dell’audience, con la relativa riduzione di introiti pubblicitari, induce le federazioni sportive a investire massicciamente nella lotta contro il doping, come è successo nell’atletica e nel ciclismo, dove i dopati sono ormai un’infima minoranza, additata alla pubblica vergogna.
Nel tennis tavolo gli interessi economici sono irrisori (quale sponsor toglierebbe i finanziamenti alle squadre che hanno giocatori che usano gomme trattate), ma soprattutto la maggior parte degli atleti si è ormai rassegnata all’illegalità e i giocatori che usano gomme trattate o boosterizzate sono visti anche dai propri compagni come simpatici “monelli”, per cui non perdono la nostra stima: ci siamo abituati e rassegnati alle piccole illegalità (“così fan tutti”) e non facciamo neanche più caso a chi viola sistematicamente le regole, scartavetrando i puntini, mettendo spugne tarocche sotto le antitop o usando il “Calzanetto”. Addirittura ci dobbiamo subire le lamentele nei confronti delle gomme trattate, da parte di quelli che notoriamente usano colle cangerogene e boosterizzatori illegali.
Se ci rassegniamo noi atleti, figuriamoci i dirigenti di ogni livello, che hanno come principale obbiettivo il mantenimento dello status quo e non cercano rogne. Ho ritrovato su internet un articolo del 1994, apparso sul Corriere della Sera (“Così si drogano le racchette. Dilaga il ping pong truffa: attrezzi truccati per dare effetti strani e più velocità alla pallina. Affari d’oro per un mago austriaco: gomme trattate chimicamente e nei forni a microonde), in cui l’allora presidente Fitet, Stefano Bosi, dichiarava testualmente: “…è vero, si truccano le racchette per migliorare le prestazioni. Non sto parlando dei vertici: lì contano solo le capacità tecniche individuali. Ma esiste una fascia di giocatori, terza e quarta categoria soprattutto, più della metà dei praticanti, che sta modificando la filosofia di questa disciplina, stravolgendone la correttezza in nome della vittoria a tutti i costi. Il bello è che funziona davvero: con queste racchette, un giocatore mediocre diventa decente. E’ una vergogna che signori anche maturi, ossia il grosso dei praticanti delle categorie minori, si dedichino al sotterfugio anzichè al miglioramento dei loro limiti tecnici, diffondendo tra l’altro un esempio negativo per i giovani. Il nostro sport corre il rischio di perdere identità tecnica e valori morali”.
L’articolo segnala, svergognandolo, il nome di un trattatore austriaco, definito “il mago Merlino della racchetta truccata”, che ha fatto montagne di denaro modificando le gomme Curl, le cui tracce sono state ripercorse in Italia, in tempi più recenti, da Daniele Saturno, un Harry Potter che qualche soldino in questi anni lo ha fatto vendendo senza fattura un bel po’ di 979 “modificate”. Il giornalista del Corriere commentava che, con il tennis tavolo, la storia dello sport aveva scoperto l’ultima frontiera del bluff: il doping dell’attrezzo, una frode che stava minando la regolarità del tennis tavolo, violentando la composizione delle gomme grazie ad agenti chimici che ne modificano la struttura molecolare, consentendo di effettuare tiri mancini, di rispondere con rimbalzi imprevedibili, di imprimere velocità normalmente irraggiungibili.

PROIBIZIONISMO O LEGALIZZAZIONE?

Non ho trovato altri interventi ufficiali sul tema, ma se fosse rimasto ancora qualcuno dei nostri dirigenti che crede nella legalità e nel proibizionismo, oltre a scrivere qualche articolo sull’argomento, richiamando gli atleti al rispetto delle norme, potrebbe sfruttare il regolamento, che prevede l’insindacabilità del giudizio degli arbitri. Spiegandogli in non più di 30 minuti i concetti basilari che consentono di riconoscere una gomma trattata e fornendogli un kit con le gomme originali (come avevo fatto qualche anno fa, quando ero membro del Comitato regionale lombardo della Fitet), ogni arbitro potrebbe penalizzare adeguatamente i giocatori-truffatori (e magari le squadre che li schierano, sulla base del principio della responsabilità oggettiva, già applicata con successo nel calcio per punire i crimini dei loro tifosi). Indipendentemente dall’efficacia di questa procedura, sarebbe un segnale importante nei confronti della dilagante illegalità. Se manca questa volontà, si abbia allora il coraggio di legalizzare ogni forma di “doping tecnico”, lasciando che ogni fantasioso sperimentatore nel trattamento delle puntinate e delle antitop e nella boosterizzazione, continui indisturbato a giocare al piccolo chimico, senza avere più nessun peso sulla coscienza.
Toglieremo così ogni velo di ipocrisia a una situazione a cui sembra che ormai tutti si siano rassegnati, dimenticando che la cura delle piccole cose è la via diretta alla cura di quelle grandi e che chi bara nello sport è un baro anche nella vita.
Forse questa sarebbe la soluzione più adatta a un Paese come il nostro, in cui è diventato normale parcheggiare su un posto disabili, lasciare i propri SUV sui marciapiedi, buttare mozziconi, cartacce e cacche di cane sul suolo pubblico: piccoli segni di inciviltà e maleducazione che precedono l’imbarbarimento di un popolo destinato alla decadenza morale ed economica.

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