Filosofia del ping pong

Nel saggio di Andrea Baglione, la filosofia del ping pong è un’arma che avvantaggia chi possiede un bagaglio lessicale e tecnico più ampio e vario. L’artista del tennistavolo si esprime nella ricerca di un linguaggio profondamente poetico, non fortuito, ma soppesato e calibrato, frutto di esercizio, studio e tecnica.

La filosofia orteghiana del ping pong

Secondo Andrea Baglione il tennistavolo rientra senza forzature nella prospettiva orteghiana, portando a estreme conseguenze alcune asserzioni del filosofo madrileno: se osservato con cognizione di causa, può essere considerato alla stregua di un’arte disumanizzata, come l’assoluto regno delle forme e dell’espressione puramente geometrica ed estetica.
Ogni colpo, ogni nuova traiettoria tracciata nell’aria dalla pallina sarà come la pennellata o il colpo di scalpello di un artista, un’inedita creazione frutto di un’espressione artistica che alla realtà cerca di sovrapporsi, offrendosi come puro spettacolo contemplativo.

Il ping pong come creazione artistica

Così come un’opera d’arte o una poesia colte nell’atto della creazione, anche una partita di tennistavolo si impadronisce del suo stesso creatore, conducendolo verso nuovi territori inattesi e inesplorati, dove tutto appare ancora privo di forma e ogni opportunità creativa sembra realizzabile. Per mezzo della pallina, è possibile allora scolpire il vuoto, riempire l’assenza per mezzo di una momentanea e sfuggente illuminazione, un’’epifanica rivelazione che mostri come il reale possa sempre essere qualcosa di più di come sia solito manifestarsi.
Ma il tennistavolo è anche corpo, pura esaltazione della bellezza fisica, della corporeità in quanto oggetto estetico, della gestualità, dell’eleganza e del movimento; il corpo, quasi meccanizzato, lontano dai movimenti abituali della quotidianità, viene così reificato e reso anch’esso nuovo oggetto di contemplazione, pura forma.
Non a caso, Guido Mina di Sospiro, nel volume “La metafisica del ping-pong”, ha affermato che, tanto nella calligrafia cinese quanto nel tennistavolo, “la tipica distinzione occidentale tra forma e contenuto si perde. […] la forma è più che fondamentale: la forma è l’essenza”.

Il ping pong arte della perfezione

Questo è, in fondo, il tennistavolo: pura espressione, perfezione e contemplazione estetica e formale. Come l’arte d’avanguardia definita da Ortega, il tennistavolo è fine a se stesso, intrascendente; inizia e finisce in se stesso, nel suo proprio irriducibile universo, condividendo con la nuova espressione artistica un atteggiamento sostanzialmente ludico.
Il tavolo da ping pong, l’universalità del suo codice e il dialogo che la partita mette in moto sembrano espletare allora una funzione essenziale propria del linguaggio: la creazione di uno spazio di continuità e avvicinamento, l’abolizione della distanza e l’instaurazione di uno scambio o confronto.

Il vantaggio del bagaglio lessicale

Proprio chi ha più proprietà di linguaggio, o mostra di possedere un bagaglio lessicale e tecnico più ampio e vario, parte decisamente avvantaggiato. Si tratterà di cercare, dunque, un linguaggio profondamente poetico, ossia non fortuito, ma soppesato e calibrato, frutto di esercizio, studio e tecnica; a ben vedere, lo spazio lasciato all’improvvisazione è decisamente inferiore rispetto a quello che potrebbe sembrare a prima vista.

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